La crisi scompiglia il puzzle dei Confidi

Il calo di operatività e il boom delle sofferenze complicano la vita ai 21 consorzi di garanzia della regione: molti vorrebbero un organismo unico, ma ll progetto è in stallo e i piccoli lo contestano. Attesa per il bilancio post fusione di Unifidi-Fidindustria e per la riforma del governo

di Massimo Degli Esposti

 

Conclusa a fine novembre la fusione tra due dei quattro consorzi fidi vigilati da Bankitalia in Emilia-Romagna _ quello di Confindustria, Fidindustria, e quello del mondo artigiano Unifidi _ sembra già essersi arenato il percorso verso un unico organismo regionale auspicato dall’assessore regionale alle attività produttive Palma Costi e dal presidente Stefano Bonaccini replicando l’esperienza lombarda di Confidi Systema! Al di là delle rituali aperture al dialogo e al confronto, infatti, il terzo candidato all’aggregazione, il consorzio del terziario Cofiter, non ha mosso alcun passo concreto e anzi dietro le quinte non nasconde le sue preferenze per l’autonomia. Quello delle cooperative, Cooperfidi, è già a base nazionale dopo la fusione fra 9 confidi cooperativi regionali, e non sembra intenzionato a tornare indietro. Ogni progetto, del resto, deve fare i conti con una crisi che è l’altra faccia, speculare, di quella bancaria. Si chiama rischio di credito e coinvolge i due soggetti l’uno, le banche, sul fronte della concessione dei prestiti, l’altro, i confidi, su quello delle garanzie. Erogazioni e garanzie che in passato erano stati accordati con manica piuttosto larga e che la recessione ha ora trasformato in pesanti sofferenze. Pare però che ne risentano meno i 17 consorzi fidi minori operativi in regione, i cosiddetti non vigilati, focalizzati su importi più piccoli, operazioni più diversificate in un contesto territoriale circoscritto, ben conosciuto e quindi meno rischioso. Tredici di questi, in gran parte provenienti dal mondo agricolo, l’anno scorso si sono aggregati in Confidi in Rete, a sua volta aderente alla neo costituita associazione nazionale dei consorzi minori Asso112. Il vicepresidente nazionale è il bolognese Alberto Rodeghiero, presidente di Agrifidi Uno e promotore di Confidi in Rete. La nuova associazione nazionale si aggiunge a quella storica, Assoconfidi, proprio mentre è in fase di attuazione la riforma del sistema prevista dalla legge delega del 20 agosto scorso. I decreti attuativi dovevano arrivare entro il 20 febbraio, ma col decreto Milleproroghe la scadenza è stata prorogata di 180 giorni. C’è tutto il tempo, quindi, perché le due associazioni di settore facciano valere le loro ragioni in termini di snellimento delle procedure operative, riordino della filiera delle garanzie, nuove regole al Fondo di Garanzia per le Pmi per evitare che, offrendo coperture indiscriminate fino all’80% dell’erogato, diventi l’interlocutore privilegiato delle banche togliendo spazio e business agli organismi mutualistici. Proprio un calo dell’operatività aveva innescato la crisi che ha portato Fidindustria a confluire il Unifidi. Al vertice della nuova aggregazione, che dopo la fusione di novembre è di gran lunga il consorzio più grande della regione e uno dei maggiori in Italia con 80 mila aziende aderenti e uno stock di garanzie in essere pari a 750 milioni, è appena stato eletto il parmigiano Alberto Bertoli. All’assemblea di maggio, presentando i dati aggregati 2016, il nuovo presidente dovrà dirci se l’unione di due realtà entrambe in affanno (Unifidi viene da due esercizi consecutivi in significativa perdita, Fidindustria aveva visto calare l’operatività a pochi milioni di euro) può in prospettiva risolvere i problemi, cioè ridurre i costi di struttura, ampliare i servizi, accrescere il potere negoziale verso le banche e offrire alle aziende migliori condizioni per il credito. Ma il caso di Eurofidi, il colosso torinese fino all’anno scorso primo in Italia poi crollato sotto una montagna di 1,6 miliardi di sofferenze e un deficit patrimoniale di 118 milioni, dimostra che il gigantismo da solo non è la soluzione. Il suo declino, sottolinea un recente studio della società di rating bolognese Crif Ratings, «è un campanello d’allarme» per tutto il sistema dei confidi, con la recessione precipitato in una spirale di «aumento dei casi di sofferenza, incremento delle escussioni bancarie, assottigliamento dei margini economici, scarsa contribuzione pubblica, riduzione delle risorse patrimoniali». Il 25% dei 32 confidi maggiori sarebbe in «una classe di rischio molto elevata e rappresenta il 34% del totale delle garanzie concesse» continua Crif Ratings. Lo studio mette poi in evidenza che il totale delle garanzie è sceso da 13 a 8,3 miliardi, e a fronte di un 47% di confidi con una situazione soddisfacente (grado di deterioramento del 25% e tasso di copertura del 44%) il restante 53% ha un grado di deterioramento del 27% e copertura pari al 34%. Infine la marginalità media è dell’1,6%, quindi insufficiente a coprire costi operativi pari in media al 2% delle garanzie. La responsabile dell’agenzia Francesca Fraulo e l’analista Angela Condoluci, curatrici dello studio, sono convinte che l’Emilia-Romagna non faccia eccezione e che dei 21 consorzi operanti in regione almeno un quarto abbia le stesse fragilità emerse a livello nazionale. E dei circa 1,3 miliardi di garanzie in essere, almeno il 60% faccia capo a consorzi ad alto rischio. Le due analiste di Crif suggeriscono il modello lombardo del consorzio unico. «Consente di ridurre e ottimizzare i costi di struttura _ dice Angela Condoluci _, rafforzare il patrimonio, migliorare i servizi e anche innovarli, apportando a banche e clienti un patrimonio di soft informations determinanti per facilitare l’accesso al credito». Anche l’assessore Costi, sempre più preoccupata che la crisi dei confidi determini ulteriori difficoltà di credito per le Pmi, preme per «superare la frammentazione attraverso fusioni in soggetti creditizi più ampi» e ipotizza addirittura di sostenerne la nascita «attraverso una partecipazione al capitale diretta» da parte della Regione. I consorzi minori ribattono squadernando questi dati: nel 2015 il loro consolidato regionale indica garanzie per 372 milioni contro i 290 dei confidi maggiori; le sofferenze restano di 10-15 punti percentuali sotto la media di sistema (20%); le condizioni per la concessione delle garanzie sono più favorevoli; l’operatività è migliore, tant’è che 1,5 milioni di contributi regionali hanno prodotto 80-90 milioni di erogazioni garantite, mentre i 20 milioni concessi ai confidi vigilati non ne hanno prodotti più di 130. Il duello fra Davide e Golia non finisce mai.