Dal Fisco 4.0 fino a mezzo miliardo di euro di imposte in meno

Una stima macroeconomica dei risparmi per le imprese dell’Emilia-Romagna, grazie al taglio di 3,5 punti di aliquota Ires e alle agevolazioni del piano Industria4.0 per le innovazioni digitali, in particolare super e iperammortamenti

di Angelo Ciancarella

 

In Italia esistono due sistemi fiscali. Uno, quello noto a tutti i contribuenti, è diffidente (non senza ragioni), complesso e costoso. L’altro è amichevole, collaborativo, un vero e proprio strumento di politica economica per lo sviluppo delle imprese innovative. “Interpellato” sui profili fiscali di una operazione societaria non ancora compiuta, offre risposte chiare e si impegna ad attenersi a quella interpretazione, escludendo accertamenti e contestazioni. Tassa con moderazione i redditi d’impresa derivanti dallo sfruttamento di opere d’ingegno, brevetti, marchi, disegni e modelli registrati, grazie al “Patent box” adottato in altri paesi europei, e finora tra le ragioni principali per basare all’estero le holding industriali e delle imprese creative, dalla moda al design. Infine, diventa volano di innovazione tecnologica, incentivando gli investimenti in ricerca e sviluppo, l’ingresso nel capitale delle start up, la sostituzione delle macchine e dei sistemi automatizzati, con crediti d’imposta, detrazioni fiscali, super e iperammortamenti. Questa è la novità più significativa, perché consente la deducibilità frazionata secondo il piano di ammortamento pluriennale, non già della spesa sostenuta, ma di un importo maggiorato (superammortamento al 140%, già previsto dallo scorso anno e ora confermato) o addirittura di un suo multiplo (iperammortamento, al 250%).

Fino a un paio di anni fa Industria 4.0 era considerato uno slogan accattivante ma oscuro. Ora si percepisce che si tratta della quarta rivoluzione industriale, e di un piano di sviluppo economico per trasferire l’innovazione digitale all’interno dei processi produttivi. E allo stesso modo il governo definisce il piano di politica economica elaborato dal ministero dello Sviluppo economico e in gran parte affidato alla leva fiscale.

L’iperammortamento è una cosa che si stenta a credere. Nemmeno il più incallito elusore avrebbe immaginato tanto. Naturalmente il beneficio, oltre a essere straordinario, fino all’anno prossimo, prevede anche caratteristiche precise delle macchine e degli impianti ammessi alla deduzione (che affianca quella, appena un po’ meno tecnologica, del superammortamento al 140%). L’elenco dei beni ammessi è un allegato ufficiale alla legge di bilancio 2017. Si tratta di macchine controllate da sistemi computerizzati e interconnesse con altre macchine, con i sistemi informatici e la logistica della fabbrica. Internet ovunque e tanta intelligenza artificiale. Oppure di software che possono equipaggiare macchinari già posseduti e predisposti per questa implementazione. Quando il valore del bene supera i 500 mila euro occorre una perizia giurata di un tecnico professionista.

Si è accennato alla attrazione di capitali per consentire a un’impresa giovane e con buone idee di compiere un passo altrimenti impossibile. I soci e le aziende sponsor di start-up e Pmi innovative possono dedurre gli investimenti in tali imprese, oltre a beneficiare dell’esenzione fiscale sulle stock option per dipendenti, amministratori e consulenti.

Ci sono poi altre agevolazioni, sempre rivolte all’innovazione o alla sostituzione dei macchinari, ma consistenti in un contributo finanziario, non in un risparmio d’imposta. È il caso della storica “legge Sabatini”, rifinanziata per l’occasione.  In generale, poi, da quest’anno l’imposta sulla società, l’Ires, abbatte l’aliquota di tre punti e mezzo, dal 27,5 al 24%. Come dire che ha ridotto il suo peso del 13%.

Ires a parte, sulla possibilità, caso per caso, di beneficiare delle agevolazioni  sono all’opera in questi mesi i consulenti d’impresa e gli studi professionali. Perciò non è il caso di intromettersi nel loro lavoro in questa sede. Sia però consentito un esempio, per avere almeno un’idea approssimativa del valore dell’iniziativa: si immagini l’investimento in un macchinario intelligente per un milione di euro. Già lo scorso anno, grazie al superammortamento al 140%, il maggior beneficio fiscale era misurabile in 96 mila euro in cinque anni. Con l’iperammortamento il risparmio schizza a 360mila euro, quasi il triplo. Gli imprenditori più reattivi, che già nel 2016 hanno creduto nel piano e hanno investito, ora recriminano: una volta tanto, l’attesa sarebbe stata premiata. Ma siccome si tratta degli imprenditori migliori, c’è da credere che utilizzeranno l’iperammortamento per acquistare subito nuove macchine interconnesse.

Qui però interessa analizzare il risvolto macroeconomico dell’operazione. Non è semplicissimo da stimare – soprattutto se lo si voglia ricondurre a una dimensione regionale – ma è di grandissimo interesse anche a volersi limitare agli effetti fiscali, che rappresentano solo una parte degli effetti economici di Industria 4.0.

Quale sarà in totale il beneficio economico per le imprese dell’Emilia-Romagna, sotto forma di risparmio d’imposta? È lecito immaginare che le regioni più avanzate si ritaglieranno una fetta proporzionalmente più grande dei benefici fiscali, che quindi non si ripartiranno in tutta Italia in misura proporzionale alle imposte oggi versate. Il portfolio di bonus fiscali, infatti, riguarda sia le aziende manifatturiere che si trasformano in fabbriche intelligenti, sia i fornitori di macchine, impianti e software. Cioè il mix che caratterizza il tessuto industriale dell’Emilia-Romagna.

L’impegno pubblico complessivo è stimato dal ministero dello Sviluppo economico in 13 miliardi di euro nel quadriennio 2017-2020, a fronte di un investimento quasi doppio da parte delle imprese. Quindi, anche a voler essere prudenti, l’Emilia-Romagna nel solo 2017 potrebbe arrivare a un risparmio d’imposta fino a mezzo miliardo di euro. È una cifra importante, perché rappresenta più di un quarto, il 27%, dell’Ires netta versata nel 2015 dalle imprese della regione. È vero che le agevolazioni non riguardano esclusivamente le società, ma è lecito immaginare che siano soprattutto loro a pianificare gli investimenti.

E se anche non tutto il beneficio fiscale si concentrasse sul (minor) gettito Ires, l’ordine di grandezza complessivo resta quello indicato: mezzo miliardo di euro. Una fetta importantissima che ovviamente, anche all’interno della regione, non si ripartirà in modo proporzionale tra le imprese contribuenti, e selezionerà ulteriormente l’universo di quelle più innovative e capaci di affrontare il futuro.

Il gettito Ires con il quale abbiamo confrontato i benefìci attesi per l’anno in corso, fa parte delle statistiche diffuse a fine gennaio dall’Agenzia delle Entrate. Non sono freschissime, perché si riferiscono ai saldi versati nel 2015, relativi all’anno d’imposta 2014. E francamente non si comprende del tutto perché occorra tanto tempo per elaborare in forma aggregata dati numerici totalmente informatizzati e immediatamente tracciabili per localizzazione geografica, settore economico, tipologia dei contribuenti. Se il governo utilizza finalmente il fisco (anche) come strumento di politica economica, le statistiche fiscali prodotte tempestivamente rappresenterebbero a loro volta un formidabile strumento di analisi per individuare in modo sempre più mirato quegli strumenti.

Nel 2015, per esempio, l’imponibile fiscale delle oltre 300mila imprese emiliano-romagnole è salito ben del 12% rispetto al 2014, da 14,9 a 16,7 miliardi di euro. Ma l’imposta netta versata è cresciuta solo della metà, il 6%: da poco meno di 2,3 a oltre 2,4 miliardi di euro (come somma di Irpef o di Ires, rispettivamente per le persone fisiche e giuridiche), a carico però di una platea ben più piccola, praticamente dimezzata e anche in leggera contrazione: 161 mila contribuenti rispetto ai 164 mila dell’anno precedente.

A livello nazionale sono emersi soprattutto – per limitarsi all’Ires – un aumento dell’imponibile di poco inferiore al 4% (per un totale di 122 miliardi di euro); un aumento del 2,8% nel numero delle società contribuenti con reddito; ma una sostanziale stabilità di quelle con imposta superiore a zero, che sono il 57 per cento.

L’Emilia-Romagna, nelle dichiarazioni 2015 e sempre per quanto riguarda l’Ires, ha superato di quasi 2 miliardi di euro il Veneto come reddito imponibile lordo (14,4 rispetto a 12,6) ma ha versato un’imposta netta inferiore: 1,8 rispetto a 2 miliardi di euro.