Pietro Ferrari, un uomo tranquillo con l’ossessione della crescita

Il nuovo presidente di Confindustria Emilia-Romagna ha un solo timore: che la mancanza di personale qualificato ci impedisca di cogliere i benefici della rivoluzione industria 4.0

 

Pacato, riflessivo, prudente. Sono tre aggettivi che ben si adattano a descrivere Pietro Ferrari, l’uomo che ha preso in mano le redini degli industriali emiliano romagnoli ereditando dal suo predecessore, Maurizio Marchesini, una associazione snellita sul piano organizzativo dalle operazioni di fusione che hanno portato le territoriali di Ravenna e Rimini alla costituzione di Confindustria Romagna e quelle di Modena, Bologna e Ferrara alla nascita di Confindustria Emilia area Centro. Classe 1955, modenese, una laurea in Ingegneria civile conseguita all’Università di Bologna, Ferrari è ai vertici dell’azienda di famiglia Ing. Ferrari Spa, impresa storica – è stata costituita un secolo fa – che opera nel settore dell’impiantistica  e dei servizi e che ha chiuso l’ultimo bilancio con un fatturato di 48 milioni di euro. Azienda in crescita nella quale lui, racconta, entrò quasi controvoglia. Avrebbe voluto fare l’architetto e, forse, dedicarsi anche alla politica.  Un sogno infranto? Non proprio, visto che la politica in qualche modo l’ha fatta con l’attività associativa. E proprio nel pieno degli anni in cui il Paese cercava di dotarsi di una vera e propria politica industriale. Ferrari ha infatti alle spalle una lunga esperienza in Confindustria, di cui conosce le dinamiche, la forza, gli obiettivi. Dopo essere stato dal 2002 al 2008 vice presidente regionale, per sei anni ha ricoperto la carica di numero uno degli industriali  modenesi, che ha guidato a partire dal 2008 e fino al 2014 nel pieno della recessione economica, trovandosi anche a fronteggiare le  terribili conseguenze sul sistema produttivo provocate dal sisma del 2012. Oggi che la recessione sembra alle spalle, secondo Ferrari è iniziata l’era di una profonda e rapida trasformazione, da cavalcare e non da subire. Se le migliori aziende si sono già riposizionate in una prospettiva globale, Ferrari sa che Confindustria è chiamata a creare le condizioni affinché questa trasformazione sia generalizzata: tutti, anche i piccoli  imprenditori che non hanno saputo marciare mantenendo il passo dei cambiamenti innescati dalla crisi,  dovranno trarne benefici.

Ferrari ha preso in mano lo scettro assicurando una gestione all’insegna della continuità rispetto al suo predecessore. Dovrà completare la svolta verso l’industria 4.0 iniziata da Marchesini, consolidare i già buoni rapporti istituzionali con la Regione Emilia Romagna, ridare pieno ossigeno a un sistema confindustriale che mai come negli ultimi anni ha sofferto di una crisi di rappresentanza, proseguire la politica a sostegno degli investimenti e della coesione delle filiere. Ma dovrà anche assumere un ruolo da protagonista nel confronto con Bruxelles, per rafforzare la voce degli industriali della regione nelle sedi dove si discutono e  si decidono le politiche europee per la crescita e lo sviluppo. E contemporaneamente dovrà risolvere il problema della carenza delle figure tecniche specializzate di cui hanno fame le imprese. Tema, quest’ultimo, molto caro a Ferrari, per il quale gli sforzi fatti negli ultimi anni per rilanciare la cultura tecnica nel nostro Paese, favorendo la formazione di quadri intermedi, non ha ancora dato i risultati sperati, esponendo così le aziende al rischio di non avere competenze adeguate per far leva sulle nuove tecnologie, le uniche che possano fare la differenza nella competizione globale. Proprio la ricerca di personale qualificato è al primo posto nella classifica delle sue priorità. Che comprendono anche una maggiore capacità di competere del sistema Emilia Romagna nel suo complesso _ attraverso gli investimenti in infrastrutture e con la battaglia per l’alleggerimento della burocrazia  e per la semplificazione amministrativa _ e una ulteriore spinta all’internazionalizzazione. In quest’ultimo caso la regione non parte certo da zero. E’ stata proprio la sua storica vocazione alle esportazioni a consentirle di dribblare almeno in parte i pesanti effetti di una recessione prolungata che ha fatto crollare la domanda interna. Ma secondo il nuovo presidente regionale degli industriali ci sono ancora ampi spazi di manovra per le imprese emiliano romagnole per aprirsi ancora di più al mondo. Per questo Confindustria chiede di tenere la barra dritta rispetto alle azioni intraprese dal governo in materia di sostegno allo sviluppo economico. «Gli effetti positivi di questi interventi si riverberano sull’occupazione. Anche le preoccupazioni sulle conseguenze dalla rivoluzione tecnologica si sono in parte ridimensionate», ha osservato il neo presidente regionale degli industriali nel corso della presentazione degli incoraggianti dati congiunturali sul secondo trimestre.

Natascia Ronchetti